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Capitolo XVI incompleto

"...quando sentono avvicinarsi un cavallo.
Corron tutti all'uscio; e, riconosciuto colui che arrivava,
gli vanno incontro. Era un mercante di Milano,
che, andando più volte l'anno a Bergamo,
per i suoi traffichi, era solito passar la notte
in quell'osteria; e siccome ci trovava quasi sempre
la stessa compagnia, li conosceva tutti.
Gli si affollano intorno; uno prende la briglia,
un altro la staffa..."

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I Promessi Sposi
 · 2 Apr 2018
T. Scarpelli, Il mercante all'osteria
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T. Scarpelli, Il mercante all'osteria

Personaggi: Renzo, il popolo di Milano, la vecchia dell'osteria, l'oste di Gorgonzola, gli avventori, il mercante di Milano

Luoghi: Milano, Liscate, Gorgonzola, la strada che porta nel Bergamasco

Tempo: 12 novembre 1628

Temi: La giustizia, La carestia, Il tumulto di S. Martino

Trama: Renzo riesce a evitare l'arresto e a lasciare Milano. Si mette sulla strada per l'Adda, fermandosi in una prima osteria e poi in un'altra, a Gorgonzola. Qui ascolta un mercante di Milano che riferisce dei disordini in città e parla della sua fuga. Renzo esce dall'osteria e si rimette in marcia.

F. Gonin, Renzo in fuga
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F. Gonin, Renzo in fuga

Renzo si allontana in fuga

Renzo approfitta della confusione per allontanarsi, mentre la folla lo incita a rifugiarsi in una chiesa o in un convento nelle vicinanze: il giovane ha invece deciso di lasciare Milano e di uscire addirittura dallo Stato, dal momento che la giustizia è in possesso del suo nome e può quindi arrestarlo in qualunque momento. Renzo progetta di rifugiarsi nel Bergamasco, dove il cugino Bortolo l'ha spesso invitato in passato a trasferirsi, anche se ignora da quale porta della città si esca per dirigersi nella giusta direzione e non sa neppure come arrivarci. Pensa sulle prime di chiedere indicazioni a qualcuno dei suoi liberatori, ma il ricordo del poliziotto travestito che lo ha beffato lo induce a una maggiore prudenza (anche lì potrebbe essercene qualcuno mescolato alla folla), così ringrazia i popolani che l'hanno aiutato e si allontana in tutta fretta, deciso a chiedere lumi a qualcuno che non sappia chi sia e in quale situazione si trovi.
Renzo corre via senza sapere dove sta andando, finché, quando gli sembra di essere abbastanza lontano, rallenta il passo per non destare sospetti. Inizia dunque a osservare i visi delle persone che popolano le strade, per decidere a chi sia meglio chiedere indicazioni sulla via da percorrere, incalzato dal pensiero che i birri nel frattempo saranno già sulle sue tracce per arrestarlo di nuovo.

F. Gonin, La gente in strada
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F. Gonin, La gente in strada

Renzo chiede indicazioni a un passante

Renzo cerca di capire chi sia la persona più adatta a cui rivolgere la domanda: sulla porta di una bottega c'è il proprietario, un uomo grassoccio con l'aria di un tipo curioso che farebbe molte interrogazioni prima di dare un'indicazione; un passante procede guardando fisso di fronte a sé, mostrando di conoscere a malapena la propria strada; un ragazzo ha l'aria furba e maliziosa e forse si divertirebbe a dare indicazioni sbagliate per sviare un forestiero. Alla fine Renzo vede un passante che cammina alla svelta come pressato da qualche affare urgente, quindi pensa che risponderà senza fare storie: gli si avvicina e gli chiede con cortesia da quale porta di Milano si esca per andare a Bergamo, al che l'altro risponde che si passa per Porta Orientale, aggiungendo poi indicazioni per raggiungere la piazza del duomo. Renzo ringrazia per l'informazione e si rimette in marcia con passo svelto, cosa che induce il passante a pensare che quel giovane ha subìto qualche brutto tiro, o ne ha lui uno in mente.

Renzo a Porta Orientale (ed. 1840)
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Renzo a Porta Orientale (ed. 1840)

Renzo esce da Porta Orientale

Renzo raggiunge in fretta la piazza del duomo, dove vede gli avanzi del falò acceso dai rivoltosi il giorno prima, passa davanti al forno delle Grucce semidistrutto e sorvegliato dai soldati, quindi vede il convento dei cappuccini e la chiesa dove gli era stato consigliato di attendere, e dove ora rimpiange di non essere andato invece di cacciarsi nel tumulto. Arriva finalmente a Porta Orientale, che vede sorvegliata da diversi soldati, e pensa che sarebbe rischioso cercare di attraversarla, mentre potrebbe ottenere asilo nel convento usando la lettera di padre Cristoforo che ha ancora con sé; poi però riflette sul fatto che nessuno lo conosce, che i birri non possono attenderlo a tutte le porte e che, soprattutto, è meglio essere "uccel di bosco" piuttosto che rinchiudersi in un asilo. Si fa coraggio e si avvicina con fare indifferente alla porta, dove i numerosi gabellieri e i soldati spagnoli sono attenti a non fare entrare nessuno dall'esterno, mentre badano poco a quelli che lasciano la città. Renzo esce dalla porta senza dare nell'occhio e senza che nessuno gli dica nulla, quindi, una volta lasciata la città, imbocca una stradina secondaria per evitare quella principale e si mette in cammino, senza voltarsi indietro per parecchio tempo.

Renzo e la vecchia (ed. 1840)
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Renzo e la vecchia (ed. 1840)

Renzo giunge all'osteria della vecchia

Renzo prosegue il suo cammino e procede per molte ore, passando accanto a cascine e villaggi di cui ignora persino il nome; ogni tanto si guarda indietro per esser certo che nessuno lo segua, mentre i polsi sono ancora indolenziti per i "manichini" messigli dai birri quella mattina. Il giovane ha l'animo ancora turbato per i recenti avvenimenti e ripensa a quanto avvenuto la sera prima, rammentando in modo confuso di aver detto il proprio nome al sedicente Ambrogio Fusella; è quasi certo che questi fosse un poliziotto travestito, mentre non ricorda quasi nulla delle chiacchiere fatte con gli altri avventori, sotto i fumi dell'alcool. È anche incerto e preoccupato dell'avvenire, rispetto al quale è pieno di dolorosi dubbi.
Dopo un po' si rende conto che non è in grado di trovare da solo la strada per Bergamo, così, pur riluttante, decide di chiedere un'indicazione a un viandante: questi lo informa che è fuori strada e gli spiega come tornare sulla via maestra, cosa di cui Renzo lo ringrazia ma col proposito di non avvicinarsi troppo alla strada principale, per evitare brutti incontri con soldati o birri. La cosa è in realtà molto difficile e infatti Renzo, camminando a zig-zag per restare su sentieri fuori mano, percorre circa dodici miglia senza allontanarsi da Milano per più di sei, non avvicinandosi in modo significativo al confine col Bergamasco. Alla fine decide che la cosa migliore sia di chiedere indicazioni per raggiungere un paesetto posto vicino al confine, raggiungibile tramite strade secondarie e senza dover chiedere di Bergamo dando l'impressione di essere un fuggiasco.
A un tratto vede una frasca fuori da una casupola che la indica come un'osteria, quindi decide di entrare e di ristorarsi, chiedendo al contempo le informazioni che gli servono. Nella casa c'è solo una vecchia intenta a filare, dalla quale Renzo accetta dello stracchino e rifiuta cortesemente il vino, memore della sbornia presa la sera prima. La donna inizia a fargli molte domande su Milano e il tumulto del giorno prima, alle quali Renzo si schermisce per poi chiedere a sua volta indicazioni per raggiungere un paese vicino al confine dei due Stati, di cui finge di non ricordare il nome. La vecchia indica Gorgonzola e Renzo chiede se si possa raggiungere per viottole secondarie, adducendo come pretesto il voler evitare la polvere della via principale. La donna dice di sì e gli spiega come fare, quindi Renzo esce con un pezzo di pane ben diverso da quelli raccolti il giorno prima a Milano, deciso ad arrivare molto presto a Gorgonzola.

F. Gonin, Renzo all'osteria di Gorgonzola
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F. Gonin, Renzo all'osteria di Gorgonzola

Renzo all'osteria di Gorgonzola

Dopo aver attraversato molti paesi, Renzo giunge a Gorgonzola prima di sera e qui decide di cenare in un'altra osteria, per captare qualche notizia relativa all'Adda e al modo per arrivarvi (fin dalla sua infanzia infatti ha appreso che il fiume per un tratto fa da confine naturale ai due Stati, il ducato di Milano e la Repubblica di Venezia). Il suo intento è attraversare il fiume in qualche modo e, se non potrà arrivarci quel giorno, ci arriverà il mattino seguente dopo aver pernottato alla meglio in qualche posto, purché non in un'osteria.
Entrato in paese, vede un'insegna di osteria e vi entra, chiedendo all'oste un boccone con poco vino e pregandolo di fare in fretta, per evitare domande inopportune e non dare l'impressione di volersi fermare a dormire. Il giovane si siede in fondo alla tavola, vicino alla porta, mentre altri avventori del locale discutono dei fatti avvenuti a Milano il giorno prima, lamentandosi di non poter sapere notizie. Uno di loro si avvicina a Renzo e gli chiede se venga da Milano, al che il giovane risponde in modo evasivo dicendo di non sapere molto di quella città e aggiungendo di provenire da Liscate, uno dei paesi attraversati per arrivare fin lì. Renzo tronca in breve la discussione e poco dopo si riavvicina l'oste, al quale il giovane chiede con simulata indifferenza quanto manchi da lì per raggiungere l'Adda: l'oste domanda se l'altro voglia attraversare il fiume nei punti dove di solito affrontano il guado i galantuomini e aggiunge poi che la distanza è di circa sei miglia, cosa che stupisce non poco Renzo. Questi vorrebbe rivolgere altre domande al padrone della locanda, ma temendo che l'uomo diventi troppo curioso decide di non insistere oltre, maledicendo poi tra sé gli osti come portatori di guai; inizia poi a mangiare, simulando il più totale disinteresse per le chiacchiere degli avventori anche se ascolta con grande attenzione le loro parole, per scoprire se tra questi ci sia qualcuno cui chiedere informazioni senza pericolo.

F. Gonin, L'arrivo del mercante
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F. Gonin, L'arrivo del mercante

L'arrivo del mercante all'osteria

Gli avventori dell'osteria discutono del tumulto di Milano, rammaricandosi di non avervi partecipato e augurandosi che i rivoltosi ottengano concessioni anche per le popolazioni rurali, che soffrono la fame tanto quanto quelle di città. Uno di loro inizia a parlare del grano nascosto, quando si sente avvicinarsi un cavallo ed escono tutti dal locale, andando incontro a un uomo che si avvicina alla locanda: è un mercante milanese, che è solito pernottare in quell'osteria quando si reca a Bergamo per i suoi commerci e che pertanto conosce tutti gli avventori abituali. Questi lo salutano con calore e gli chiedono notizie dei fatti di Milano, al che il mercante affida il cavallo a un garzone ed entra nel locale, dicendosi pronto a informare gli altri delle novità intervenute quel giorno. L'uomo ordina all'oste da mangiare e il suo solito letto, quindi si siede attorniato dagli avventori che gli chiedono con insistenza notizie della rivolta a Milano, poiché non è passato nessuno che ne sapesse qualcosa: il mercante beve un sorso di vino, quindi si accinge a raccontare ciò che sa ottenendo l'attenzione di tutti i presenti, incluso Renzo che ascolta ogni cosa simulando indifferenza, mentre continua il suo pasto seduto all'altro capo del tavolo.

F. Gonin, Il tumulto a Milano
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F. Gonin, Il tumulto a Milano

Il racconto del mercante: l'assalto al forno del Cordusio


F. Gonin, Il tumulto a Milano
Il mercante spiega che quel giorno ha rischiato di essere peggiore del precedente, tanto che lui aveva quasi deciso di non lasciare Milano per sorvegliare la sua bottega: infatti i rivoltosi del giorno prima si sono trovati ai posti convenuti, intenzionati a compiere nuovi disordini, quindi si sono diretti alla casa del vicario di Provvisione raccogliendo altri facinorosi lungo la strada, per tentare un nuovo assalto. Il mercante sottolinea l'innocenza del vicario, che lui conosce perché rifornisce di panni la sua casa, dunque spiega che i rivoltosi hanno trovato la strada sbarrata da carri e soldati, per cui hanno deciso di tornare indietro. Poiché tuttavia erano decisi a menare le mani, hanno assaltato il forno del Cordusio cui il giorno prima non si erano potuti avvicinare, arraffando a man bassa il pane che alcuni nobili stavano distribuendo al popolo in ottemperanza a una nuova grida. La folla ha asportato molte suppellettili dal forno e ne ha fatto un gran falò sulla piazza del duomo, quindi alcuni hanno proposto di dare fuoco al forno, cosa che per poco non è avvenuta: fortunatamente, spiega il mercante, un uomo del vicinato si è affacciato da una finestra e ha esposto un crocifisso tra due ceri, inducendo i facinorosi a recedere dai propositi violenti, e poco dopo i monsignori del duomo hanno sfilato in processione, invitando tutti ad andarsene e informando la folla che il pane è di nuovo a buon mercato, come dimostrano le gride affisse sulle cantonate. Infatti il pane costa nuovamente un soldo ogni otto once e gli avventori dell'osteria chiedono se qualche provvedimento sia stato emanato anche per il contado, al che il mercante risponde che ciò che è avvenuto in Milano riguarda la città soltanto.

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