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Capitolo XXIV incompleto

"L'innominato, alla vista di quell'aspetto
sul quale già la sera avanti non aveva potuto
tener fermo lo sguardo, di quell'aspetto reso ora
più squallido, sbattuto, affannato dal patire prolungato e dal digiuno, era rimasto lì fermo,
quasi sull'uscio; nel veder poi quell'atto di terrore,
abbassò gli occhi, stette ancora un momento
immobile e muto; indi rispondendo a ciò
che la poverina non aveva detto,
- È vero, - esclamò: - perdonatemi!..."

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I Promessi Sposi
 · 2 Apr 2018
Gustavino, La liberazione di Lucia
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Gustavino, La liberazione di Lucia

Personaggi: Lucia, Agnese, don Abbondio, l'innominato, i bravi, la vecchia, il sarto, sua moglie e la sua famiglia, il cardinal Borromeo, il curato del paese

Luoghi: Il castello dell'innominato, il paese vicino

Tempo: Novembre 1628

Temi: La giustizia, Nobiltà e potere, Chiesa e religione

Trama: L'innominato libera Lucia e la affida a don Abbondio e alla moglie del sarto. La giovane è condotta in casa del sarto, dove è ospitata dalla famigliola. Agnese giunge dal paese e riabbraccia la figlia. Il cardinal Borromeo si reca in visita alla casa e Agnese gli rivela le mancanze di don Abbondio, Lucia confessa il "matrimonio a sorpresa". L'innominato comunica ai bravi la propria conversione.

F. Gonin, Lucia e la vecchia
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F. Gonin, Lucia e la vecchia

Lucia si risveglia. Arrivano don Abbondio e la buona donna


F. Gonin, Lucia e la vecchia
Lucia si sveglia dal suo giaciglio nella stanza della vecchia, al castello dell'innominato, e mentre tenta faticosamente di riprendere coscienza di sé viene rimproverata dalla serva per non aver voluto mettersi a letto ed è invitata a mangiare, poiché ha un aspetto molto sofferente (la donna teme infatti i rimbrotti del suo padrone). Lucia chiede di essere liberata e domanda dove sia il padrone, al che la vecchia le dice che l'innominato ha lasciato il castello: poco dopo si sente bussare e la vecchia apre al bandito, il quale fa uscire la donna e fa entrare nella stanza don Abbondio e la moglie del sarto, trattenendosi fuori e mandando poi la vecchia e Marta in un'altra ala della fortezza. Lucia è in ansia poiché non sa cosa aspettarsi, poi si rincuora vedendo un prete e una donna e le sembra di riconoscere il proprio curato: lo guarda a lungo senza sapersi convincere, finché la moglie del sarto inizia a confortarla e le dice che sono venuti a liberarla, al che la giovane le chiede chi sia e poi, rivolta a don Abbondio, gli domanda se sia proprio lui o se stia vaneggiando. Anche il curato tenta, sia pur goffamente, di consolare Lucia, la quale è incredula all'idea di poter lasciare il castello e chiede ansiosamente dove sia l'innominato; don Abbondio conferma che la ragazza è libera e la sollecita a non perdere tempo, per non irritare un potente signore come il padrone del castello.

F. Gonin, Lucia viene liberata
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F. Gonin, Lucia viene liberata

L'innominato libera Lucia

L'innominato entra nella stanza e Lucia è colta dalla paura, per cui si stringe alla moglie del sarto e nasconde il viso: il bandito, alla vista della giovane che sembra aver molto patito, abbassa lo sguardo e le chiede umilmente perdono, mentre la donna sussurra all'orecchio di Lucia che l'uomo è diventato buono e vuole davvero liberarla, per cui non deve avere timore. Anche don Abbondio la esorta a non aspettare oltre, per cui Lucia alza gli occhi sull'innominato e, vedendolo sinceramente addolorato, lo ringrazia della sua misericordia e gli augura la benevolenza divina. A questo punto il bandito esce dalla stanza e fa strada agli altri tre, che lo seguono col curato in coda e, scesa una scala, sbucano nel cortile esterno, dove l'innominato aiuta Lucia e la donna a salire sulla portantina e poi monta sulla sua mula, non prima di aver aiutato anche il curato montare sull'altra. Don Abbondio ringrazia della cortesia e si affretta a salire sul dorso dell'animale, quindi la comitiva riprende il cammino e inizia a scendere l'erta per lasciare il castello, mentre i bravi che incontrano lungo la strada intuiscono che il loro padrone è preda di oscuri pensieri, ma non possono immaginare che la ragione sia la straordinaria conversione di cui è stato protagonista poche ore prima.

Il viaggio di ritorno: Lucia e la buona donna


La moglie del sarto tira le tende della portantina e inizia poi a confortare Lucia tenendole le mani, dicendole anche che sono dirette al suo villaggio che si trova poco lontano dal paese della ragazza. Lucia ne è sollevata e chiede di poter riabbracciare la madre Agnese che abita poco lontano, al che la donna le promette che la manderanno a chiamare (ella ignora che Agnese è già in viaggio verso il paese, grazie all'intervento del cardinale). La donna racconta poi a Lucia della straordinaria conversione dell'innominato e della parte avuta in essa dal cardinal Borromeo, aggiungendo poi altri dettagli relativi al ruolo avuto da don Abbondio nella spedizione e osservando che il curato ha confermato la sua fama di uomo goffo e di poco valore. Lucia chiede poi chi sia il bandito che l'ha fatta rapire e quando la donna ne fa il nome la ragazza è colta da un fremito di orrore, al ricordo delle terribili storie udite in passato sul suo conto. La moglie del sarto sarebbe curiosa di sapere altri particolari della storia di Lucia, tuttavia evita con discrezione di farle altre domande e si limita a osservare che la giovane dev'essere digiuna da molto tempo, per cui le promette un buon pasto non appena saranno giunte alla sua casa in paese. Lucia, affaticata per gli strapazzi del giorno prima, si stende sul fondo della portantina e la donna la lascia riposare, senza aggiungere altro.

Il viaggio di don Abbondio (ed. 1840)
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Il viaggio di don Abbondio (ed. 1840)

Il viaggio di ritorno: il monologo interiore di don Abbondio


Don Abbondio è certo molto meno angosciato di quando non fosse durante il viaggio di andata al castello, tuttavia, se anche la paura del presente si è attenuata, viene tormentato da molti altri pensieri relativi all'avvenire, nonché dalla scarsa dimestichezza a quel modo di viaggiare, tanto più che il conducente della portantina sprona le mule a procedere veloci su indicazione dell'innominato. L'andatura spedita fa sì che il curato sia spesso sbilanciato in avanti e ovviamente non osa chiedere di andare più piano, anche perché lui stesso non vede l'ora di essere fuori da quella valle. La mula procede sul ciglio del sentiero, quasi a strapiombo sul precipizio, aumentando la paura di don Abbondio che tenta inutilmente di tirare le briglie per farla camminare più all'interno della strada e maledicendo tra sé la bestia che sembra quasi cercare il pericolo senza ragione. Il curato teme anche che la notizia della conversione dell'innominato si sia già sparsa nei dintorni, per cui ha paura che i bravi abbiano una reazione inconsulta e possano ucciderlo, cosicché riesce a tranquillizzarsi solo quando sono fuori dalla valle e la minaccia del terribile castello sembra allontanarsi definitivamente.
A questo punto il curato, che assume un aspetto più rilassato, è assalito da timori più lontani e relativi al futuro, a cominciare dalla reazione di don Rodrigo di fronte a simili novità e dalle possibili rappresaglie del signorotto nei suoi confronti: è certo che non potrà prendersela col cardinale e dunque le conseguenze toccheranno a lui che è povero e indifeso, dal momento che Lucia verrà messa al sicuro dal prelato e Renzo è già lontano suo malgrado, a causa dei suoi guai con la giustizia. Don Abbondio teme che il cardinale non potrà proteggerlo dal momento che ha tanti affari a cui badare, per cui in cuor suo osserva che i santi fanno il bene in maniera superficiale, mentre i malvagi fanno il male in maniera scrupolosa e badando a tutte le conseguenze del caso. Il curato si consola all'idea che potrà riferire a Perpetua come si sono svolti i fatti e lasciare che la donna metta in giro la voce, sperando che essa giunga anche all'orecchio di don Rodrigo: si augura che il cardinale non dia pubblicità alla cosa, ripromettendosi di tornare alla chetichella al paese non appena terminata la sua spedizione (egli teme anche di dover render conto al suo superiore della questione del matrimonio, per cui rimanda le preoccupazioni all'eventualità che il Borromeo si rechi in visita alla sua parrocchia). Don Abbondio conclude il suo monologo interiore dicendosi certo che don Rodrigo non farà nulla finché il cardinale sarà nei dintorni e osservando che è destinato a passare male i suoi ultimi anni.

F. Gonin, Il cappone sul fuoco
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F. Gonin, Il cappone sul fuoco

Don Abbondio torna al paese. Lucia in casa del sarto

La comitiva giunge al paese e si divide, poiché don Abbondio e l'innominato si dirigono verso la casa parrocchiale, mentre la portantina va verso la casa della moglie del sarto (le funzioni in chiesa non sono ancora terminate e c'è ancora una folla radunata nelle strade del villaggio). Appena smontato dalla mula, don Abbondio prega l'innominato di scusarlo col cardinal Borromeo e dice di dover tornare subito al suo paese, dove lo attendono affari improrogabili, quindi recupera il bastone da viaggio che aveva lasciato nella casa del curato del villaggio e si rimette in cammino, mentre il bandito aspetta il ritorno del cardinale dalla chiesa.
Intanto la buona donna ha accolto Lucia nella cucina della sua casa, dove riattizza il fuoco nel camino sotto una pentola in cui cuoce un cappone, mentre si schermisce alle scuse e ai ringraziamenti della ragazza. La donna riempie una scodella con del brodo e la porge a Lucia, che beve e sembra riacquistare un aspetto migliore, mentre la padrona di casa osserva che per fortuna quel giorno c'è del cibo sul fuoco. La donna si rallegra anche del fatto che, grazie alla Provvidenza, lei e la sua famiglia non sono in condizioni di estrema povertà, grazie al mestiere del marito e a qualche appezzamento di terra, per cui Lucia è invitata a mangiare senza pensieri in attesa che il cappone sia cotto e che possa nutrirsi in maniera più sostanziosa.

F. Gonin, Lucia e il rosario
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F. Gonin, Lucia e il rosario

Lucia si rammarica di aver pronunciato il voto

La moglie del sarto riprende ad accudire il fuoco e ad apparecchiare, mentre Lucia inizia ad aggiustarsi la veste per un'antica abitudine all'ordine e alla pulizia e, nel fare questo, le viene tra le mani il suo rosario che la notte precedente aveva messo al collo, cosa che le riporta subito alla mente il voto pronunciato e che, fino a quel momento, era stato oscurato dalle preoccupazioni del momento e dalle emozioni vissute. La reazione immediata della giovane è di rammarico ed è quasi pentita della promessa fatta, salvo poi ravvedersi al pensiero della paura patita al castello dell'innominato e della fede sentita al momento della pronuncia, pensando inoltre che sarebbe sacrilego venir meno all'impegno assunto, specie all'idea che la grazia richiesta è stata di fatto ottenuta. Lucia soffoca pertanto ogni pentimento riguardo al voto, si toglie la corona del rosario dal collo e rinnova il voto con accresciuto fervore, supplicando la Madonna di darle la forza di adempierlo e pregandola di allontanare da lei ogni occasione che possa costituire un ostacolo sulla via della promessa fatta, mentre è quasi sollevata all'idea che Renzo sia forzatamente lontano, costretto a nascondersi dalla legge (la cosa la addolora, ma le sembra anche un evento voluto dalla Provvidenza per agevolarla nel suo arduo compito). Il pensiero di Renzo è comunque fonte di turbamento e di sofferenza per Lucia, la quale si affretta a scacciarlo dalla sua mente per tornare alla preghiera, dal momento che il suo amore per il suo promesso sposo è tutt'altro che assopito.

F. Gonin, L'arrivo del sarto
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F. Gonin, L'arrivo del sarto

L'arrivo del sarto e della famigliola

A un tratto si sentono delle voci ed entrano in casa il sarto e i suoi figli, di ritorno dalle funzioni in chiesa che sono state officiate dal cardinal Borromeo: i tre bambini si stringono intorno alla madre e fanno molte domande a proposito di Lucia, mentre il padrone di casa accoglie la giovane con aria cordiale. L'autore riferisce che si tratta del sarto del villaggio e dei luoghi vicini, un uomo che sa leggere e che possiede alcuni libri popolari e di genere agiografico e avventuroso, tanto che passa per essere un uomo dotto ed è inoltre di carattere aperto e gioviale. Egli era presente quando la moglie è stata pregata di andare a prendere Lucia e aveva dato la sua approvazione, poi ha sentito in chiesa la predica del cardinale sulla conversione dell'innominato ed è curioso di conoscere la giovane che è stata da lui liberata.
L'uomo dà un caloroso benvenuto a Lucia, che si schermisce arrossendo, quindi si rallegra con lei della miracolosa conversione del bandito e del fatto che lei ne sia stata, pur suo malgrado, all'origine. Il sarto scambia qualche parola frettolosa con la moglie, per poi sedere a tavola con la famigliola riunita e con l'ospite che sembra vergognarsi, venendo prontamente rincuorata dal padrone di casa.

G. De Chirico, Lucia in casa del sarto
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G. De Chirico, Lucia in casa del sarto

La famigliola a tavola

La padrona di casa mette davanti a Lucia un'ala del cappone invitandola a mangiare, mentre il sarto mangia a sua volta raccontando con enfasi tutte le cose viste e sentite in chiesa, soffermandosi soprattutto sul cardinale che, a suo dire, ha dato prova di grande umiltà officiando la messa come un curato qualsiasi e facendosi capire da tutti, anche dai più ignoranti, suscitando tra l'altro la commozione dei presenti (l'uomo è spesso interrotto dalle osservazioni innocenti dei figli, eccitati per gli avvenimenti cui hanno assistito). Il sarto osserva poi che, nonostante la carestia che affligge la regione, è possibile porvi rimedio con la carità e l'elemosina, come il cardinale dimostra in prima persona levandosi il pane di bocca e facendo una vita semplice e non da ricco signore come potrebbe. Pensando questo, il sarto smette di parlare e pone un piatto con del cibo e del pane in un tovagliolo, di cui annoda le quattro estremità e che consegna alla figlia maggiore insieme a un fiaschetto di vino, incaricandola di portare il tutto a Maria vedova (una vicina che abita poco lontano) perché ne mangi coi suoi figli, raccomandando alla bambina di non far sembrare la cosa come un'elemosina e di stare attenta a non rompere nulla. Lucia intanto è commossa al sentire tutti i discorsi del sarto e sente in cuor suo che il voto pronunciato è una cosa giusta, trovando un momentaneo sollievo ai patimenti subiti in quei giorni convulsi.

F. Gonin, Agnese maledice don Rodrigo
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F. Gonin, Agnese maledice don Rodrigo

Agnese giunge a casa del sarto

Poco dopo il curato del paese si reca in casa del sarto per informarsi su incarico del cardinale circa le condizioni di Lucia, dicendo alla giovane che il prelato intende incontrarla e ringraziando l'uomo e la moglie del servizio reso. Il curato chiede inoltre di Agnese e Lucia si scuote al nome della madre, scoppiando a piangere quando le viene spiegato che il cardinale ha disposto di farla accompagnare al villaggio: la ragazza ripensa al voto pronunciato la notte prima e alla richiesta rivolta alla Vergine di farla tornare con la madre, cosa che adesso sta per avverarsi e che la induce a pentirsi di essersi rammaricata della promessa fatta. Agnese, intanto, è già in viaggio su un baroccio verso il paese e per tutto il tragitto continua a pensare ai pericoli corsi dalla figlia, piena di incertezze in quanto non le sono stati riferiti i dettagli circa il rapimento di Lucia e la sua permanenza al castello dell'innominato. Lungo la strada il baroccio incrocia don Abbondio di ritorno al paese e il curato ha modo di parlare un momento con la donna, cui dà qualche veloce quanto sommario ragguaglio circa i casi di Lucia: vorrebbe anche istruirla su come comportarsi col cardinale se, come probabile, il prelato volesse incontrare lei e la figlia e, soprattutto, raccomandarle di non parlare del matrimonio, ma Agnese tronca a mezzo il discorso e si affretta a proseguire il viaggio, impaziente di riabbracciare Lucia.
Più tardi il baroccio arriva alla casa del sarto e Agnese può finalmente ritrovare Lucia, mentre la padrona di casa le lascia sole e sale di sopra per preparare un letto a entrambe, dal momento che intende assolutamente ospitarle. Lucia racconta alla madre quanto le è successo, anche se sulla vicenda vi sono delle parti oscure e inspiegabili anche a lei, per quanto sia chiaro che dietro l'infernale macchinazione vi sia don Rodrigo: Agnese ha parole molto dure nei suoi confronti, anche se Lucia la esorta ad avere compassione per lui e a pregare Dio che lo faccia ravvedere come ha fatto nel caso dell'innominato. Lucia è interrotta più volte dai singhiozzi e quando le viene in mente del voto si trattiene dal farne parola alla madre, sia per timore che questa la accusi di precipitazione e cerchi il modo per aggirarlo facilmente, sia per una naturale ritrosia e il timore che la cosa possa essere risaputa anche da altri: si ripromette di parlarne in confessione a padre Cristoforo, ma rimane a bocca aperta quando Agnese la informa che è stato mandato in un paese molto lontano. Le due donne parlano poi di Renzo, in salvo nel Bergamasco, anche se Lucia tenta di sviare il discorso per i motivi che solo lei conosce.

Fonte: http://promessisposi.weebly.com/capitolo-xxiv.html

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