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“Mì che non fa”, “brutta voglia” e i 10 modi di dire che esistono solo in Sarde

Se la “canadese” solo a Cagliari e nel Sud Sardegna significa “tuta da ginnastica” e l’“andito” è una parola dell’italiano antico che solo nell’isola viene ancora utilizzata frequentemente per indicar

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Published in 
Sardegna Ricette e varie
 · 25 Apr 2018
Modi di dire Sei solo toga – Foto di Hanno detto Così
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Modi di dire Sei solo toga – Foto di Hanno detto Così

1) Non fa. «Ti ho detto che non fa!» dice una severa mamma cagliaritana al proprio figlio in vena di capricci. Quando “non fa”, “non fa”, noi sardi lo sappiamo bene. Un qualsiasi amico di Perugia o di Ferrara dopo che avremo rimproverato i nostri figli capricciosi ci chiederebbe «Chi è che non fa e cosa non fa?». Questa espressione che nell’uso comune fatto in Sardegna significa che un qualcosa non si può fare, in italiano non esiste. Con ogni probabilità si tratta di una libera traduzione dal sardo campidanese “No faidi”.

2) “Dire Cosa”. «Eh, poi gli ho detto cosa!». Anche qui siamo nel campo dei rimproveri, ma si tratta di un biasimo molto più diretto e immediato. “Dire cosa a qualcuno” significa semplicemente rimproverare. Sappiate però che a un amico di Pordenone, più che “dirgli cosa”, al massimo gliene dovrete “dire quattro”.

3) “Solo bello”. «Hai visto quel giubbotto? Sì, è solo bello!». Accostare l’aggettivo solo, che di norma in italiano ha un’accezione negativa, a un altro aggettivo in funzione rafforzativa è una tipica inflessione cagliaritana. Infatti nel capoluogo e nell’hinterland dire che qualcosa è “solo bello”, “solo brutto” o “solo togo” (tralasciamo la ovvia spiegazione sul fatto che anche “togo” è puro slang cagliaritano), equivale a dire che qualcosa è “molto bello”, “molto brutto” o “molto togo”. Un romano, sentendo questa espressione, penserebbe di trovarsi di fronte non tanto a un rafforzativo quanto a un’attenuazione della qualità o del difetto indicati.

4) “Non vuole visto”. Quando qualcuno utilizza questo costrutto, se siamo sardi, sappiamo già che la persona o l’oggetto in questione esteticamente non è proprio il massimo. In questa speciale occasione il verbo “volere” regala all’espressione la massima sintesi, sia in termini di numero di parole utilizzate sia in termini di efficacia del significato.

5) Il “cofano”. Avete mai provato a dire a un vostro amico di Milano di mettere le valigie nel cofano? Bene se lo avete fatto saprete già che solo in Sardegna il termine “cofano” è più utilizzato per indicare quello che in italiano è comunemente chiamato “bagagliaio”. In origine la parola indicava i mobili d’arredo della grandezza di una cassa, dotati di grande coperchio apribile e in cui riporre corredi nuziali o oggetti per la casa. Con l’invenzione dell’automobile la parola assunse un secondo significato, cioè il vano anteriore della macchina in cui sono contenuti il motore e le altre parti meccaniche.

6) “Accozzato”. Voce del verbo “accozzare”, vocabolario Treccani: «Mettere insieme in modo disordinato persone o cose: accozzare uomini e donne di età diversa; non riesco ad accozzare le idee; accozzare le carte, mettere insieme quelle dello stesso seme» oppure nella forma transitiva e riflessiva «Incontrarsi, imbattersi, riunirsi insieme, detto di persone o cose». In Sardegna invece il verbo accozzare è diventato sinonimo perfetto della parola italiana “raccomandare”. Dire che qualcuno è “accozzato”, nell’isola, non ha mai un’accezione neutra, anzi.

7) ”Mischino”. È bastato un cambio di vocale per trasformare una persona spregevole, immorale o in senso più largo da commiserare, in una persona degna di compassione. Tra la parola italiana “meschino” – non a caso molto poco utilizzata in Sardegna – e la parola “mischino” c’è un intero spettro di giudizi etici e morali. A qualche sardo sarà sicuramente capitato di sentire in radio o in televisione la parola “meschino” per pensare subito nella propria testa «mischino? Perché poverino?». Bene, il malinteso è svelato.

8) “L’hai fatta bella”. “Farla bella” in Sardegna significa combinare qualcosa di brutto o, in tono più goliardico, fare qualcosa di particolarmente compromettente per sé stessi, come ad esempio sposarsi. La spiegazione di questo utilizzo è molto semplice: si tratta di una traduzione letterale dell’espressione “E gi d’as fatta bella”, diventato ormai l’inno ufficiale degli addii al celibato in Sardegna.

9) “Sbrodare”. «Sporcare con brodo o untume, sbrodolare», il dizionario Garzanti riporta solo questo regionalismo toscano alla voce “sbrodare”. In realtà un altro utilizzo è quello che se ne fa in Sardegna, stante a indicare il momento in cui è finita la benzina del nostro scooter o della nostra auto.

10) «C’ho brutta voglia». Per capire che questa espressione esiste solo in Sardegna bisogna usarla una volta partiti da studenti fuori sede o in Erasmus dopo una notte di bagordi davanti al proprio coinquilino di Pordenone o di Foggia. «Brutta che?», vi risponderanno. Trattasi infatti di un adattamento dal sardo dell’espressione “gana mala”, che significa, come saprete certamente, nausea.

E voi ne conoscete altre?

Fonte: https://www.vistanet.it/cagliari/ blog/2017/04/02/ non-fa-brutta-voglia-e-i-10-modi-di-dire-che-esistono-solo-in-sardegna/

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