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Il caso della Stella d Occidente

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Hercules Poirot
 · 16 Jun 2018

Stavo alla finestra della stanza di Poirot e guardavo distrattamente la strada.
– E‘ strano – esclamai all’improvviso, sottovoce.
– Che cosa c’è, moti ami? – chiese placidamente Poirot, dalle profondità della sua comoda poltrona.
– Ditemi cosa deducete dai seguenti fatti: in strada c’è una giovane signora lussuosamente vestita, con un cappello alla moda e una splendida pelliccia, che cammina lentamente guardando i numeri dei portoni. Non sa di essere pedinata da tre uomini e una donna di mezza età, nonché da un fattorino che la indica gesticolando. Che dramma sta andando in scena? La ragazza è una truffatrice? E gli investigatori che la pedinano stanno per arrestarla? Oppure i malfattori sono loro e stanno per aggredire una vittima innocente? Che cosa dice il grande investigatore?
– Il grande investigatore, mon ami, come sempre sceglie la strada più semplice. Si alza per vedere da sé.
E il mio amico mi raggiunse davanti alla finestra. Un attimo dopo fece una risatina divertita.
– Come al solito, quello che vede è colorato dal suo inguaribile romanticismo. Quella è Mary Marvell, la diva del cinema, seguita da una frotta di ammiratori che l’hanno riconosciuta. E, en passant, mio caro Hastings, lei ne è perfettamente conscia!
Risi.
– Dunque tutto si spiega. Ma non ha nessun merito, Poirot, visto che la conosce.
– En vérité! Quante volte ha visto Mary Marvell sullo schermo, mio caro?
Riflettei. – Circa una dozzina.
– E io invece... una volta sola! Eppure io la riconosco e lei no.
– Ma sembra molto diversa! – replicai, piuttosto debolmente.
– Ah! Sacré! – esclamò Poirot. – Si aspetta forse che passeggi per le vie di Londra con un cappello da cow-boy, oppure scalza come una ragazzina irlandese? Come sempre, Hastings, lei bada ai particolari e non all’essenziale!
Scrollai le spalle, un po‘ irritato.
– Ma si consoli, mon ami – disse Poirot. – Non tutti possono essere come Hercule Poirot, lo so bene.
– Veramente, di tutti gli uomini che ho conosciuto lei è quello che ha la migliore opinione di se stesso! – esclamai, tra il divertito e l’irritato.
– Davvero? Quando uno è unico, lo sa! E poi, altri condividono questa opinione... compresa Mary Marvell, se non sbaglio.
– Come?
– Non c’è dubbio. Sta venendo qui.
– Come fa a saperlo?
– Molto semplice. Questa non è una strada elegante, mon ami! Qui non ci sono medici o dentisti alla moda, e tanto meno modiste alla moda! Ma c’è un investigatore alla moda. Oui amico mio, è vero: io sono diventato di moda, il dernier cri! Uno dice a un altro: “Come, hai perso il tuo portamatite d’oro? Devi andare dal piccolo belga, è formidabile! Ci vanno tutti!” E arrivano a frotte, mon ami\ Con i problemi più sciocchi! – Sentimmo squillare il campanello. – Che le avevo detto? Questa è Mary Marvell.
Come al solito, Poirot aveva ragione. Poco dopo la diva americana fu fatta entrare e noi ci alzammo ad accoglierla. Mary Marvell era indubbiamente una delle più popolari attrici del cinema. Era arrivata da poco in Inghilterra, in compagnia del marito Gregory B. Rolf, anche lui attore. Si erano sposati circa un anno prima negli Stati Uniti, e quella era la prima volta che venivano nel nostro Paese. Era stato dato un grande ricevimento in loro onore, e tutti impazzivano per Mary Marvell, per i suoi meravigliosi vestiti, per le sue pellicce, per i suoi gioielli... soprattutto uno, il grande diamante che, per armonizzare con la sua proprietaria, era stato battezzato la Stella d’Occidente. Molte cose, vere e non vere, erano state scritte su quella famosa pietra che, a quanto si diceva, era assicurata per l’enorme cifra di cinquantamila sterline.
Tutti quei particolari mi tornarono in mente in un lampo, mentre mi univo a Poirot nel salutare la nostra bella cliente.
Mary Marvell era piccola e snella, biondissima e con un’aria da ragazzina. I suoi grandi occhi azzurri e ingenui sembravano quelli di una bambina.
Poirot le porse una sedia e lei cominciò subito a parlare. – Forse lei mi troverà molto sciocca, monsieur Poirot, ma proprio ieri sera lord Cronshaw mi raccontava di come ha risolto il mistero della morte di suo nipote, e ho capito che dovevo rivolgermi a lei per un consiglio. Può darsi che si tratti solo di uno stupido scherzo, come dice Gregory, ma mi preoccupa da morire.
Si interruppe come per prendere fiato, mentre Poirot la fissava con espressione incoraggiante.
– Continui, madame. Sono ancora all’oscuro di tutto.
– Si tratta di queste lettere.
Mary Marvell aprì la borsetta e ne tolse tre buste che porse a Poirot. Quest’ultimo le esaminò attentamente.
– Carta a buon mercato... nome e indirizzo in stampatello. Vediamo cosa c’è dentro. – Estrasse i fogli.
Mi avvicinai e mi chinai a guardare sopra la sua spalla. Il testo consisteva in un’unica frase scritta accuratamente in stampatello, come la busta. Diceva:
Il grande diamante che è l’occhio sinistro della divinità deve tornare da dove è venuto.
La seconda lettera ripeteva esattamente la stessa cosa, ma la terza era più esplicita.
Sei stata avvertita. Non hai obbedito.
Ora il diamante ti sarà portato via.
Quando ci sarà la luna piena, i due diamanti, che sono l’occhio destro e l’occhio sinistro della divinità, ritorneranno. così è scritto.
– Ho pensato che la prima lettera fosse uno scherzo – spiegò la diva. – Quando è arrivata la seconda ho cominciato a preoccuparmi. La terza è arrivata ieri e mi è sembrato che, in fin dei conti, la faccenda fosse più seria di quanto immaginassi.
– Vedo che queste lettere non sono arrivate per posta.
– No. Sono state portate a mano... da un cinese. È questo che mi spaventa.
-r Perché?
– Perché è stato da un cinese che Gregory ha comprato la pietra, tre anni fa a San Francisco.
– A quanto pare, madame, lei è convinta che il diamante citato nelle lettere sia...
– La Stella d’Occidente – concluse Mary Marvell. – Esatto. Gregory ricorda di aver sentito una strana storia in merito a quella pietra, ma il cinese non ne aveva voluto parlare. Sembrava spaventato da morire e aveva una fretta terribile di liberarsi del gioiello, tanto che ha chiesto solo un decimo del suo valore. È stato il dono di nozze di Greg.
Poirot annuì pensosamente. – Questa storia sembra di un romanticismo quasi incredibile. E tuttavia... chissà? La prego, Hastings, mi dia il mio piccolo almanacco.
Obbedii.
– Vediamo! – disse Poirot, sfogliandolo. – Quando è la luna piena? Ah, venerdì prossimo, cioè fra tre giorni. Eh bien, madame, se vuole il mio consiglio... glielo darò. Questa belle histoire può essere uno scherzo... ma potrebbe anche non esserlo! Perciò le consiglio di affidarmi il diamante fino a venerdì prossimo; poi si vedrà.
L’attrice si rabbuiò e rispose in tono un po‘ forzato: – Temo che sia impossibile.
– Lo ha con sé... vero?
Poirot la stava osservando attentamente.
La giovane donna esitò per un attimo, poi infilò la mano nel corpetto dell’abito e ne tirò fuori una lunga e sottile catena. Si chinò in avanti, e vedemmo brillare sul suo palmo una pietra di fuoco bianco, squisitamente incastonata in platino.
Poirot tirò un lungo respiro. – Sbalorditivo! – mormorò. – Permette, madame? – Prese il gioiello e lo esaminò attentamente, poi glielo restituì con un lieve inchino. – Una magnifica pietra... senza il minimo difetto. Ah, perbacco! E lei la porta in giro così?
– No, no, in realtà sto molto attenta, monsieur Poirot. Di solito la tengo nel mio portagioie, che lascio nella cassaforte dell’albergo. Stiamo al Magnificent, sa? Oggi l’ho portata solo per mostrarla a lei.
– E me la lascerà, non è vero? Ascolterà i consigli di papà Poirot?
– Be‘, vede, monsieur Poirot: venerdì andiamo a Yardly Chase a passare qualche giorno da lord e lady Yardly.
Le sue parole risvegliarono nella mia mente un vago ricordo. Certi pettegolezzi... di che cosa si trattava?
Qualche anno fa lord e lady Yardly erano andati negli Stati Uniti;
correva voce che laggiù sua signoria se la fosse spassata non poco... Ma doveva esserci dell’altro. Altri pettegolezzi che associavano il nome di lady Yardly a quello di un divo del cinema che viveva in California... Ma certo! Mi ricordai di colpo: si trattava nientemeno che di Gregory B. Rolf.
– Le svelerò un piccolo segreto, monsieur Poirot – stava dicendo Mary Marvell. – Abbiamo un accordo con lord Yardly. C’è la possibilità che si giri un film nella sua residenza.
– A Yardly Chase? – esclamai interessato. – Ma è uno dei monumenti d’Inghilterra!
Mary Marvell annuì.
– Sì, è proprio una antica dimora feudale. Lui, però, chiede un prezzo davvero esagerato e non so se l’affare andrà in porto. Ma a Greg e a me piace sempre unire il divertimento al lavoro.
– Ma... chiedo scusa se non capisco, madame: non può andare a Yardly Chase senza portarsi dietro il diamante?
Negli occhi di Mary Marvell comparve un’espressione dura e astuta che annullò l’ingenuità dello sguardo. All’improvviso sembrò molto più vecchia. – Voglio metterlo mentre sono lì.
– Certo – dissi io all’improvviso. – Nella collezione Yardly ci sono alcuni gioielli famosi, tra i quali un grosso diamante, vero?
– Esatto – rispose concisamente Mary Marvell.
Sentii Poirot mormorare tra sé: – Ah, è così, dunque!
Poi a voce alta, con la sua solita fortuna sovrannaturale nel centrare l’obiettivo (che lui nobilita definendola psicologia), disse: – Allora lei conosce già lady Yardly, o forse la conosce suo marito?
– Gregory l’ha conosciuta tre anni fa, quando Milady è venuta nell’Ovest – ammise Mary Marvell. Esitò un momento, poi aggiunse bruscamente: – Qualcuno di voi legge mai “Pettegolezzi”? Vergognandoci un po‘, ci dichiarammo entrambi colpevoli.
– Ve lo chiedo perché nel numero di questa settimana c’è un articolo sui gioielli famosi ed è davvero molto strano... -
S’interruppe.
Mi alzai, mi avvicinai al tavolino all’altro capo della stanza e tornai con la rivista in questione. Lei me la prese di mano, trovò l’articolo e cominciò a leggere ad alta voce: -... tra le altre pietre famose si può includere la Stella d’Oriente, un diamante che è in possesso della famiglia Yardly. Un antenato dell’attuale lord Yardly lo portò dalla Cina e sembra che a esso sia collegata una storia romantica. Pare che la pietra fosse un tempo l’occhio destro della divinità di un tempio. Un altro diamante, assolutamente identico in forma e grandezza, costituiva l’occhio sinistro, e si dice che anche questo gioiello sia stato rubato. “Un occhio andrà a Occidente, un altro a Oriente, fino a quando non si ritroveranno. Poi, in trionfo, torneranno alla divinità. ” Per una strana coincidenza, c’è una pietra la cui descrizione corrisponde perfettamente a questa, che è conosciuta come la Stella d’Occidente e appartiene alla celebre diva cinematografica Mary Marvell. Sarebbe interessante un confronto tra le due pietre.
Si interruppe.
– Incredibile! – mormorò Poirot. – Una leggenda in piena regola! – Si voltò verso Mary Marvell. – E lei non ha paura, madame? Non è superstiziosa? Non teme di avvicinare questi gemelli siamesi e di veder comparire all’improvviso un cinese che in un batter d’occhio li riporterà in Cina?
Il suo tono di voce era scherzoso, ma ebbi la sensazione che sotto sotto fosse serio.
– Non credo che il diamante di lady Yardly sia bello come il mio – disse Mary Marvell. – Comunque vedrò.
Poirot stava per ribattere, ma in quel momento la porta si spalancò e un uomo dall’aspetto splendido entrò a grandi passi nella stanza. Dai riccioli neri alla punta degli stivali di vernice, era il protagonista ideale di una storia romantica.
– Avevo detto che sarei venuto a prenderti, Mary – disse Gregory Rolf – e sono qui. Bene, che dice monsieur Poirot del nostro piccolo problema? Sostiene, come me, che si tratta solo di un grosso scherzo?
Poirot sorrise al grande attore. – Scherzo o no, signor Rolf – disse in tono asciutto – ho consigliato a sua moglie di non portare il gioiello a Yardly Chase.
– Sono d’accordo con lei, signore. L’ho già detto a Mary. Ma purtroppo credo che non sopporti di vedersi battere da un’altra donna, in fatto di gioielli.
– Che sciocchezze, Gregory! – disse in tono tagliente Mary Marvell, ma arrossì di collera.
Poirot scrollò le spalle. – Madame, io ho dato il mio consiglio. Non posso fare altro. C’est tout!
Accompagnò entrambi alla porta.
– Ah! La la – osservò ritornando. – Histoire de femmes! Il bravo marito ha colpito nel segno... ma ha mancato di tatto! Proprio così. Gli riferii i miei vaghi ricordi e lui annuì con vigore.
– Ricordo anch’io. Tuttavia, in questa faccenda c’è qualcosa di curioso. Col suo permesso, mon ami, vado a prendere un po‘ d’aria. La prego, aspetti il mio ritorno, non starò fuori a lungo. Quando la padrona di casa bussò alla porta, io mi ero appisolato in poltrona.
– C’è un’altra signora che vuol vedere monsieur Poirot, signore. Le ho detto che è uscito, ma lei mi ha risposto che lo avrebbe aspettato, dato che arriva dalla campagna.
– Oh, fatela entrare, signora Murchison. Forse potrò aiutarla io.
Un attimo dopo la signora fu fatta entrare e, nel riconoscerla, il cuore mi diede un balzo: il ritratto di lady Yardly era apparso fin troppo spesso nella cronaca mondana dei giornali.
-Si accomodi, lady Yardly – dissi, porgendole una sedia. – Il mio amico Poirot è uscito, ma rientrerà tra poco.
Mi ringraziò e sedette. Era un tipo molto diverso da Mary Marvell: alta, bruna, con occhi lampeggianti e un viso pallido e altero. Tuttavia nelle linee della bocca c’era un che di malinconico.
Provai il desiderio di mettermi in luce. E perché no? In presenza di Poirot mi sento spesso in difficoltà e non do il meglio di me stesso. Eppure anch’io possiedo, e in grado notevole, capacità deduttive. Impulsivamente mi chinai in avanti.
– Lady Yardly – dissi – so perché è venuta qui. Ha ricevuto qualche lettera ricattatoria riguardo al diamante.
Non c’era dubbio, avevo colto nel segno, perché lei mi fissò a bocca aperta, impallidendo improvvisamente.
– Come lo sa? – chiese, sussultando.
Sorrisi. – Una pura deduzione logica. Se Mary Marvell ha ricevuto lettere di avvertimento...
– Mary Marvell? È stata qui?
– È andata via poco fa. Come stavo dicendo, se la signora Marvell ha ricevuto una misteriosa serie di avvertimenti, anche lei, che possiede l’altro diamante, deve averle ricevute.
Per un attimo lei esitò, come se non sapesse se fidarsi o no di me, poi chinò il capo con un sorrisetto. – È vero – riconobbe.
– Anche le sue lettere sono state portate a mano da un cinese?
– No, sono arrivate per posta; ma ditemi, allora anche Mary Marvell ha vissuto la stessa esperienza?
Le riferii gli avvenimenti della mattinata e lei ascoltò attentamente. – Tutto concorda, le mie lettere sono identiche alle sue. È vero che sono arrivate per posta, ma sono impregnate di un curioso profumo che fa subito pensare all’Oriente. Che significa tutto questo?
Scossi la testa. – È quello che dobbiamo scoprire. Ha portato le lettere? Potremmo capire qualcosa dai timbri postali.
– Purtroppo le ho distrutte. Ho pensato a uno stupido scherzo. Una banda di cinesi sta davvero cercando di recuperare i diamanti? È troppo incredibile.
Riesaminammo i fatti, ma senza fare alcun progresso. Poi lady Yardly si alzò. – Non credo che sia necessario aspettare monsieur Poirot. Gli riferirà tutto, vero? Molte grazie, signor...?
Esitò, la mano protesa.
– Capitano Hastings.
– Ma certo, che stupida! È amico dei Cavendish, vero? È stata Mary Cavendish a mandarmi da monsieur Poirot.
Quando il mio amico tornò mi divertii a raccontargli quello che era accaduto in sua assenza. Mi interrogò piuttosto bruscamente sui particolari della conversazione, e mi resi conto che non era affatto contento di non essere stato presente. Pensai anche che fosse un po‘ incline alla gelosia. Per lui era diventato quasi un vizio svilire le mie capacità, e credo fosse dispiaciuto di non trovare nessun appiglio per criticarmi. Dentro di me ero piuttosto compiaciuto, anche se cercavo di nasconderlo, nel timore di irritarlo. Nonostante le sue idiosincrasie, ero molto legato a quello strano ometto.
– Bien! – disse lui alla fine, con una strana espressione. – La trama si sviluppa! La prego, mi passi quella copia del “Chi è?” che sta sull’ultimo ripiano. – Cominciò a sfogliarlo. – Ah, eccoci! “Yardly... centesimo visconte, ha combattuto nella guerra sudafricana”... questo non ha importanza... “sposato nel 1907 con Maude Stopperton, quarta figlia del barone Cotteril”... uhm, uhm, uhm... “due figli nati nel 1908 e nel 1910... vari club... residenze... ” voilà, non c’è molto, ma domani vedremo questo Milord!
– Come?
– Sì, gli ho telegrafato.
– Io veramente pensavo che non volesse interessarsi di questo caso.
– Non agisco per conto di Mary Marvell, perché ha rifiutato di seguire il mio consiglio; lo faccio per mia personale soddisfazione, la soddisfazione di Hercule Poirot! Voglio assolutamente vedere come andrà a finire questa storia!
– E ha telegrafato a lord Yardly perché si precipiti in città solo per far piacere a lei? Non sarà molto contento.
– Au contraire, se gli conservo il diamante di famiglia me ne sarà grato.
– Allora pensa davvero che possano rubarlo? – chiesi, incuriosito. – È quasi una certezza – rispose placidamente Poirot. – Tutto fa pensare a un epilogo del genere.
– Ma come...
Poirot interruppe le mie avide domande con un ampio gesto della mano.
– La prego, non confondiamoci le idee. E guardi quella copia del “Chi è?”... È quello il modo di metterla a posto? Non vede che i libri più alti devono stare sul ripiano superiore, quelli meno alti su quello inferiore e così via? Solo così si può avere un minimo di ordine, il metodo che, come le ho sempre detto, Hastings...
– Proprio così – mi affrettai a rispondergli, e rimisi al posto giusto il volume che lo disturbava.
Lord Yardly risultò essere un uomo cordiale, uno sportivo dalla voce tonante e dal viso rosso, così simpatico da far passare in secondo piano la mancanza di doti intellettuali.
– Una faccenda straordinaria, monsieur Poirot. Non ci capisco nulla. Sembra che mia moglie abbia ricevuto delle strane lettere e così pure Mary Marvell. Che significa tutto questo?
Poirot gli porse la copia di “Pettegolezzi”.
– Per prima cosa, Milord, vorrei chiederle se quanto scrive il giornale è sostanzialmente esatto.
Il lord prese la rivista e, mentre leggeva, il suo viso divenne paonazzo per la collera.
– Sciocchezze! – esplose. – Non c’è mai stata nessuna storia romantica collegata al diamante. Credo, anzi, che sia arrivato dall’India. Non ho mai sentito parlare della divinità cinese.
– Eppure la pietra è nota col nome di Stella d’Oriente.
– Be‘, e con questo? – domandò l’altro irosamente.
Poirot sorrise ma non diede una risposta diretta.
– Vorrei chiederle, Milord, di mettersi nelle mie mani. Se lo farà senza riserve, ho grandi speranze di evitare la catastrofe.
– Allora pensa che ci sia qualcosa di vero, in quelle storielle assurde?
– Farà come le chiederò di fare?
– Certo che lo farò, ma...
– Bien! Allora mi permetta di porle qualche domanda. Lei e il signor Rolf vi siete già accordati per la faccenda di Yardly Chase?
– Oh, gliene ha parlato lui, vero? No, non è stato ancora concluso nulla. – Esitò e il suo viso divenne ancora più rosso. – Tanto vale chiarire subito le cose.
In passato mi sono comportato da stupido, monsieur Poirot, e sono indebitato fino al collo. Ma intendo rimettermi in carreggiata: voglio bene ai miei figli e sistemerò ogni cosa. Gregory Rolf mi offre molto denaro, una somma sufficiente a rimettermi in piedi. Io detesto anche solo l’idea che tutta quella gente venga a recitare in casa mia, ma può darsi che debba accettare, a meno che... – Si interruppe.
Poirot lo guardò attentamente. – Dunque ha un’altra freccia al suo arco? Mi permette di tirare a indovinare? Vorrebbe vendere la Stella d’Oriente?
Lord Yardly annuì. – Esatto. Ma venderla non è affatto facile. Hoffberg, l’agente di Hatton Garden, sta cercando un compratore, ma dovrà trovarmelo presto, altrimenti per me sarà il fallimento.
– Un’altra domanda, permettez. Cosa ne sa lady Yardly di questi progetti?
– Oh, è contraria alla vendita del gioiello. Sa come sono le donne. Preferisce che si giri il film.
– Capisco – disse Poirot. Rimase un attimo sovrappensiero, poi si alzò con mossa brusca. – Ritorna subito a Yardly Chase? Bien, non dica niente a nessuno. A nessuno, badi bene, ma ci aspetti lì questo pomeriggio, arriveremo poco dopo le cinque.
– Bene, ma non capisco...
– Questo non importa – disse Poirot con gentilezza. – Vuole che il diamante resti a lei, non è vero?
– Sì, ma...
– Allora faccia come dico.
Quello che lasciò la stanza era un nobiluomo triste e attonito. Arrivammo a Yardly Chase alle cinque e mezzo, e un solenne maggiordomo ci condusse nell’antico salone rivestito a pannelli. Nel camino ardevano grandi ceppi, e davanti ai nostri occhi apparve un quadro molto grazioso: lady Yardly con i due figli, la bruna testa orgogliosa china sulle due testoline bionde, e accanto a loro lord Yardly, sorridente.
– Monsieur Poirot e il capitano Hastings – annunciò il maggiordomo.
Lady Yardly alzò la testa con un sussulto, il marito si diresse incerto verso Poirot, fissandolo con espressione interrogativa.
L’ometto fu all’altezza della situazione. – Chiedo scusa, ma sto ancora indagando su quella faccenda che riguarda Miss Marvell. Viene da voi venerdì, vero? Vorrei dare un’occhiata qua attorno per accertarmi che il posto sia sicuro. Volevo anche chiedere a lady Yardly se si è ricordata qualche dettaglio sui timbri postali delle lettere che ha ricevuto.
Lady Yardly scosse il capo con espressione dispiaciuta. – Temo di no. È stupido da parte mia, ma non mi sono minimamente sognata di prenderle sul serio.
– Vi fermate qui, stanotte, vero? – chiese lord Yardly.
– Oh, Milord, non voglio darvi alcun disturbo. Abbiamo lasciato il bagaglio alla locanda.
– Non vi preoccupate. – Lord Yardly aveva capito quello che doveva fare. – Manderemo a prenderlo. No, no, nessun disturbo, vi assicuro.
Poirot si lasciò persuadere e, sedutosi vicino a lady Yardly, cominciò a fare amicizia con i bambini. Di lì a poco giocavano insieme e avevano coinvolto anche me.
– Lei è una buona madre – disse Poirot, con un piccolo inchino galante, mentre i bambini riluttanti venivano portati via da una severa governante.
Lady Yardly si ravviò i capelli scompigliati. – Li adoro – disse, con un lieve tremito nella voce.
– E loro la adorano... e hanno ragione! – E Poirot fece di nuovo un piccolo cenno del capo.
Si sentì il gong; era ora di prepararsi per la cena, e ci alzammo per raggiungere le nostre stanze. In quel momento entrò il maggiordomo con un telegramma per lord Yardly, che lo aprì dopo averci chiesto scusa e, mentre lo leggeva, si irrigidì visibilmente. Con un’esclamazione lo porse alla moglie, poi guardò il mio amico. – Un momento, monsieur Poirot, penso di doverla mettere al corrente. È di Hoffberg. Crede di aver trovato un acquirente per il diamante, un americano che parte domani per gli Stati Uniti. Stasera mandano qualcuno a valutare la pietra. Per Giove, se la cosa va a buon fine...
Lady Yardly ci voltava le spalle, con in mano il telegramma.
– Vorrei che tu non lo vendessi, George – disse a bassa voce. – È in famiglia da tanto tempo. – Attese, quasi si aspettasse una risposta ma, visto che non veniva, il suo viso si indurì. Scrollò le spalle. – Devo andare a vestirmi. Immagino che dovrò preparare “la merce”. – Si voltò verso Poirot con una lieve smorfia. – E una delle collane più orrende che siano mai state disegnate! Bisognerebbe incastonare le pietre diversamente, ma George non l’ha mai fatto. – E uscì dalla stanza.
Mezz’ora dopo eravamo nel grande soggiorno, in attesa della padrona di casa. L’ora della cena era già passata da qualche minuto.
All’improvviso si sentì un leggero fruscio e lady Yardly apparve nella cornice della porta, in un magnifico abito bianco. Attorno al collo splendeva un rivolo fiammeggiante. Lei stava immobile, sfiorando la collana con una mano.
– Sono pronta al sacrificio – disse in tono gaio. Il malumore sembrava svanito. – Aspettate che accenda la luce centrale e i vostri occhi potranno ammirare la più brutta collana d’Inghilterra.
Gli interruttori erano fuori dalla porta. Mentre lei tendeva una mano in quella direzione, accadde l’incredibile. D’un tratto, senza preavviso, tutte le luci si spensero, la porta sbatté e si sentì un prolungato e lacerante urlo femminile.
– Mio Dio! – esclamò lord Yardly. – È la voce di Maude! Cosa succede?
Ci precipitammo a tentoni verso la porta, scontrandoci nell’oscurità, e passarono alcuni minuti prima che la trovassimo. Che spettacolo si presentò ai nostri occhi! Lady Yardly giaceva priva di sensi sul pavimento di marmo e sulla bianca gola si vedeva una chiazza violacea, là dove era stata strappata la collana.
Mentre ci chinavamo su di lei, senza sapere ancora se fosse viva o morta, le sue palpebre si sollevarono. – Il cinese – bisbigliò con voce sofferente. – Il cinese... la porta laterale.
Lord Yardly, imprecando, si avventò verso la porta. Lo seguii col cuore che mi batteva all’impazzata. Di nuovo il cinese! La porta in questione era in un angolo della stanza, a non più di una dozzina di metri dalla scena della tragedia. Quando la raggiungemmo proruppi in un grido. Lì, poco lontano dalla soglia, c’era la collana che, evidentemente, il ladro aveva lasciato cadere mentre fuggiva. Mi chinai a raccoglierla, poi proruppi in un’altra esclamazione mentre lord Yardly mi faceva eco. Al centro della collana c’era un vuoto: la Stella d’Oriente era scomparsa!
– È tutto chiaro – bisbigliai. – Non erano banali ladri. Volevano solo questa pietra.
– Ma come ha fatto a entrare?
– Dalla porta.
– Ma è sempre chiusa a chiave!
Scossi la testa. – Ora non è chiusa, vede? – E, parlando, la spinsi. Qualcosa svolazzò a terra. Lo raccolsi: era un pezzetto di seta dal ricamo inconfondibile, strappato da una tunica cinese.
– La tunica si è impigliata nella porta – spiegai. – Venite, presto, non può essere andato molto lontano.
Cercammo e frugammo ovunque, inutilmente. Il ladro si era dileguato nella profonda oscurità della notte; tornammo indietro con riluttanza e lord Yardly mandò uno dei camerieri a chiamare la polizia.
Lady Yardly, abilmente soccorsa da Poirot che in queste cose è bravo come una donna, si era abbastanza ripresa da poterci raccontare quello che era successo.
– Stavo per accendere l’altra luce – disse – quando un uomo mi si è avventato alle spalle, strappandomi la collana con tale forza che sono caduta per terra. Mentre cadevo, l’ho visto scomparire dalla porta laterale e in quel momento mi sono resa conto, dal codino e dalla tunica ricamata, che si trattava di un cinese.
Si interruppe con un brivido.
Il maggiordomo ricomparve e si rivolse a bassa voce a lord Yardly. – C’è un signore mandato dal signor Hoffberg, Milord. Dice di essere atteso.
– Santo cielo! – esclamò il nobiluomo, sconvolto. – Dovrò vederlo. No, non qui, Mullings, in biblioteca.
Presi da parte Poirot. – Non faremmo meglio a tornare a Londra?
– Crede, Hastings? Perché?
– Be‘... – tossicchiai delicatamente – le cose non sono andate molto bene, non è così? Voglio dire, lei chiede a lord Yardly di mettersi nelle sue mani, gli assicura che tutto andrà bene e poi il diamante sparisce proprio sotto il suo naso.
– Vero – disse Poirot, piuttosto abbattuto. – Non è stato uno dei miei successi sensazionali.
Quel modo di descrivere gli avvenimenti mi fece quasi sorridere, ma feci finta di niente. – Quindi, dopo aver combinato, se mi perdona l’espressione, questo pasticcio, non pensa che sarebbe più conveniente andarcene subito?
– E la cena? La cena senza dubbio eccellente che lo chef di lord Yardly ha preparato?
– Oh, per una cena! – dissi, spazientito.
Poirot alzò le mani con gesto d’orrore. – Mon Dieu! In questo Paese trattate le faccende gastronomiche con una indifferenza delittuosa.

– C’è un altro motivo per cui dovremmo tornare a Londra al più presto – proseguii.
– E quale, amico mio?
– L’altro diamante – risposi abbassando la voce. – Quello di Mary Marvell.
– Eh bien?
– Non capisce? – La sua inconsueta ottusità mi irritava. Dove era finito il suo acume abituale? – Ne hanno preso uno, adesso cercheranno di prendere l’altro.
– To‘! – esclamò Poirot, indietreggiando di un passo e guardandomi con ammirazione. – Il suo cervello funziona a meraviglia, amico mio. Immagini un po‘, non ci avevo pensato! Ma c’è tempo. La luna piena ci sarà solo venerdì.
Scossi la testa con espressione dubbiosa. La teoria della luna piena mi lasciava completamente indifferente. Tuttavia ebbi la meglio su Poirot e ce ne andammo subito, lasciando un biglietto di spiegazione e di scuse a lord Yardly.
La mia idea era di andare subito al Magnificent e riferire a Mary Marvell quello che era successo. Ma Poirot non fu d’accordo e insistette, dicendo che potevamo farlo il mattino seguente. Obbedii
piuttosto malvolentieri.
Al mattino Poirot mi sembrò stranamente poco disposto a muoversi. Cominciai a sospettare che, avendo commesso un errore iniziale, non volesse continuare a occuparsi del caso. In risposta alle mie argomentazioni mi fece notare, con ammirevole buonsenso, che essendo già usciti i giornali del mattino con i particolari del furto a Yardly Chase, i Rolf dovevano già saperne quanto noi. Obbedii a malincuore.
Gli avvenimenti successivi dimostrarono che le mie paure erano giustificate. Verso le due squillò il telefono. Rispose Poirot, che rimase in ascolto per qualche attimo e poi, dopo un breve – Bene, ci sarò – tolse la comunicazione e si voltò verso di me.
– Che ne dice, mon ami? – Aveva l’aria un po‘ vergognosa e un po‘ eccitata. – Il diamante di Mary Marvell è stato rubato.
– Come? – esclamai balzando dalla sedia. – E che ne è della teoria della luna piena, adesso? – Poirot abbassò la testa. – Quando è successo?
– A quanto mi hanno detto, questa mattina.
Scossi mestamente il capo. – Ah... Poirot! Se solo mi avesse dato retta. Vede, avevo ragione.
– Sembra di sì, mon ami – disse con cautela Poirot. – Le apparenze sono ingannevoli, o per lo meno così si dice, ma sembra proprio di sì.
Mentre salivamo in fretta su un taxi per raggiungere il Magnificent, cominciai a fare tutte le congetture possibili e immaginabili sulla natura della macchinazione.
– L’idea della luna piena era buona. Lo scopo era di farci concentrare sul venerdì, in modo che non stessimo in guardia. È un peccato che non se ne sia reso conto.
– Che vuol farci! – disse Poirot in tono leggero, di nuovo sicuro di sé dopo quella breve eclissi. – Non si può pensare a tutto!
Ero dispiaciuto per lui. Odiava i fallimenti, di qualunque genere.
– Non si abbatta – gli dissi, cercando di consolarlo. – La prossima volta sarà più fortunato.
Al Magnificent ci fecero subito entrare nell’ufficio del direttore, dove trovammo Gregory Rolf in compagnia di due agenti di Scotland Yard; di fronte a loro sedeva un pallido impiegato.
Al nostro ingresso Rolf ci fece un cenno di saluto. – Stiamo cercando di venire a capo di questa faccenda – disse. – Ma è quasi incredibile. Non riesco a capire come quel tizio abbia avuto tanta faccia tosta!
In pochi minuti fummo informati dei fatti. Alle undici e trenta un signore, così somigliante a lui da non destare il minimo sospetto, era entrato in albergo e aveva chiesto il portagioie depositato nella cassaforte. Aveva firmato la ricevuta dicendo distrattamente, mentre scriveva: – Vi sembrerà un po‘ diversa dalla mia solita grafia, ma mi sono fatto male alla mano, scendendo dal taxi.
L’impiegato si era limitato a sorridere, rispondendo che la differenza era irrilevante. Il gentiluomo aveva riso e aveva risposto: – Be‘ non vorrei finire dentro come un imbroglione. Ho ricevuto certe lettere di minaccia da un cinese, e il guaio è che io stesso ho un po‘ l’aria da cinese... per via degli occhi.
– L’ho guardato – spiegò l’impiegato che raccontava l’episodio – e ho capito subito che cosa intendeva dire. Aveva gli occhi un po‘ allungati, come gli orientali. Non me ne ero mai accorto prima.
– Maledizione! – tuonò Gregory Rolf, chinandosi in avanti. – Mi guardi bene, le sembra che io abbia gli occhi a mandorla?
L’altro alzò lo sguardo e lo fissò. – No, signore – rispose – direi proprio di no.
L’uomo di Scotland Yard borbottò: – Una bella faccia tosta, sì. Ha preso il toro per le corna in modo da eliminare i sospetti, nel caso che qualcuno notasse il taglio degli occhi. Deve averla vista uscire dall’albergo, signore, e ne ha approfittato per intrufolarsi dentro non appena lei si è allontanato.
– E il portagioie? – chiesi.
– È stato trovato in un corridoio dell’albergo. L’unico gioiello rubato è la Stella d’Occidente.
Ci guardammo: la faccenda era davvero bizzarra, inverosimile. Poirot saltò in piedi. – Non sono stato di molta utilità, temo – disse in tono dispiaciuto. – È permesso vedere la signora?
– Temo che sia sconvolta – esclamò Rolf.
– E allora potrei scambiare qualche parola da solo con lei, monsieur?
– Ma certamente.
Di lì a cinque minuti Poirot ricomparve. – E ora, amico mio – dichiarò in tono gaio – cerchiamo un ufficio postale, devo mandare un telegramma.
– A chi?
– A lord Yardly. – E schivò ulteriori domande infilando il braccio sotto il mio. – Andiamo, andiamo, mon ami. So quello che prova. Non mi sono fatto onore! Lei al mio posto ci sarebbe riuscito. Bien! Ammetto tutto, dimentichiamocene e andiamo a pranzo.
Erano circa le quattro quando entrammo in casa di Poirot. Una persona si alzò da una poltrona accanto alla finestra: era lord Yardly e aveva l’aria sconvolta e tesa.
– Ho avuto il telegramma e sono venuto subito. Sono passato da Hoffberg: non sanno nulla della persona venuta ieri sera e nemmeno del telegramma. Pensa che...
Poirot sollevò una mano. – Chiedo scusa! Ho mandato io quel telegramma e ho assunto io il signore in questione.
– Lei? Ma perché? Come?
Il gentiluomo balbettava, senza capire.
– Pensavo di risolvere la situazione, ecco tutto – spiegò placido Poirot.
– Risolvere la situazione? Oh mio Dio! – esclamò lord Yardly.
– E il trucco è riuscito alla perfezione – disse Poirot allegramente. –
Perciò, Milord, ho il gran piacere di restituirle... questo!
E con un gesto melodrammatico mostrò un oggetto luccicante: un grande diamante.
– La Stella d’Oriente! – bisbigliò lord Yardly, attonito. – Ma non capisco...
– No? – chiese Poirot. – Non ha importanza. Mi creda, era necessario che il diamante fosse rubato. Le avevo promesso che lo avrei salvato e ho mantenuto la parola. Deve permettermi di mantenere il mio piccolo segreto. La prego di trasmettere i miei più profondi rispetti a lady Yardly e di dirle che sono felice di averle potuto restituire il gioiello. Beau temps, vero? Buongiorno, Milord. E, sorridendo e chiacchierando, il sorprendente ometto accompagnò lo sbalordito nobiluomo alla porta. Quando tornò si stava sfregando delicatamente le mani.
– Poirot – dissi. – Mi pare di essere impazzito!
– No, mon ami, ma, come al solito, la sua mente è annebbiata.
– Come ha recuperato il diamante?
– Dal signor Rolf.
– Rolf?
– Mais oui! Le lettere di avvertimento, il cinese, l’articolo su “Pettegolezzi”, tutto è scaturito dall’ingegnoso cervello del signor Rolf! I due diamanti – che si supponeva fossero così miracolosamente simili – bah! non esistevano. C’era un solo diamante, amico mio! Faceva originariamente parte della collezione Yardly, ma è stato per tre anni in possesso del signor Rolf, che lo ha rubato stamattina con l’aiuto di un piccolo trucco: quello dell’occhio a mandorla! Ah, devo andare a vederlo al cinema, è un vero artista!
– Ma perché avrebbe dovuto rubare un diamante che era suo? – chiesi perplesso.
– Per molte ragioni. Tanto per cominciare, lady Yardly era sempre più inquieta.
– Lady Yardly?
– Sapete, in California, il marito la lasciava molto da sola e andava a divertirsi altrove. Rolf era un bell’uomo e aveva un’aria romantica ma in fondo è un uomo d’affari, ce monsieur! Ha corteggiato lady Yardly e poi l’ha ricattata. L’altra sera ho estorto la verità alla signora e lei ha ammesso tutto. Ha giurato di essere stata solo imprudente, e io le credo, ma Rolf aveva in mano certe sue lettere che potevano prestarsi a un’interpretazione diversa. Terrorizzata dalla minaccia di un divorzio e con la prospettiva di essere separata dai figli, ha fatto tutto quello che lui voleva. Non aveva denaro suo e perciò è stata costretta a sostituire la pietra vera con una falsa... E quando lord Yardly si è finalmente deciso a mettere la testa a posto, ecco prospettarsi l’eventuale vendita del diamante. Lady Yardly, sapendo che la sostituzione sarà senz’altro scoperta, si affretta a scrivere a Gregory Rolf che è appena arrivato in Inghilterra. Lui la tranquillizza, promettendole di sistemare tutto, e si prepara a un duplice furto, in modo da tranquillizzare lady Yardly che potrebbe dire tutto al marito, eventualità che al nostro ricattatore non piace affatto. Rolf incasserà le cinquantamila sterline dell’assicurazione (ah, Hastings, lei se ne era dimenticato!) e continuerà ad avere il diamante. A questo punto io metto il naso nella faccenda. Viene annunciato l’arrivo di un esperto in diamanti e lady Yardly, come avevo previsto, predispone subito tutto per simulare un furto... e lo fa anche molto bene! Ma Hercule Poirot vede soltanto i fatti. Che cosa è accaduto, in realtà? La gentildonna ha spento le luci, ha sbattuto la porta, ha gettato la collana nel corridoio e si è messa a urlare, dopo aver tolto il diamante falso dalla montatura mentre era al piano di sopra.
– Ma com’è possibile? Le abbiamo visto la collana al collo! – obiettai.
– Chiedo scusa, amico mio. La sua mano nascondeva il punto in cui c’era il vuoto. Quanto al pezzetto di stoffa vicino alla porta, era stato sistemato in precedenza! Naturalmente, non appena Rolf viene a sapere del furto, predispone la sua piccola commedia e la recita molto bene.
– Ma lei che cosa gli ha detto? – chiesi con estrema curiosità.
– Gli ho detto che lady Yardly aveva confessato tutto al marito, che io ero autorizzato a recuperare il gioiello e che, se non fosse stato riconsegnato subito, sarebbero ricorsi alla legge. E anche qualche altra piccola bugia che mi è venuta in mente in quel momento. Riflettei un attimo. – Mi sembra un po‘ ingiusto per Mary Marvell: ha perso il diamante e non per colpa sua.
– Bah! – esclamò Poirot brutalmente. – Ha avuto una pubblicità meravigliosa, e a quella donna importa solo questo. L’altra invece è diversa. Una buona madre, una vera donna!
– Sì – replicai in tono dubbioso, dato che non condividevo le idee di Poirot sulla femminilità. – Suppongo sia stato Rolf a mandarle le lettere.
– Niente affatto – disse Poirot allegramente. – Lady Yardly è venuta qui perché glielo ha consigliato Mary Cavendish, a chiedermi aiuto per il suo problema. Poi ha saputo che Mary Marvell era venuta qui e ha cambiato idea, cogliendo al volo il pretesto che lei, amico mio, le aveva offerto. Mi è bastata qualche domanda per capire che era stato lei, Hastings, a parlare delle lettere a lady Yardly, e non viceversa. E Milady ha afferrato al volo l’occasione.
– Non ci credo! – esclamai punto sul vivo.
– Sì, sì, mon ami, è un peccato che lei non abbia studiato psicologia. Le ha detto di aver distrutto le lettere? Oh, là, là, una donna non distrugge mai una lettera, se può evitarlo. Nemmeno quando sarebbe più prudente farlo.
– Va tutto bene – dissi io, sempre più seccato – ma mi ha fatto fare la figura del perfetto stupido! Dal principio alla fine! Va bene spiegare tutto dopo, ma c’è un limite!
– Ma lei si divertiva tanto, amico mio, che non me la sono sentita di infrangere le sue illusioni.
– Stavolta si è spinto troppo in là.
– Mon Dieu! Si sta arrabbiando per un niente, mon ami!
– Ne ho abbastanza! – E uscii sbattendo la porta.
Poirot aveva fatto di me uno zimbello. Decisi che aveva bisogno di una severa lezione. Avrei lasciato trascorrere un bel po‘ di tempo prima di perdonarlo: mi aveva incoraggiato a rendermi spaventosamente ridicolo!

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